Mentre il mondo tiene il fiato sospeso per gli avvenimenti nucleari in Giappone, l’Italia festeggia i suoi primi 150 anni di unità d’Italia.
Gli anniversari sono spesso il momento per tirare le somme e vedere un po’ a che punto siamo. Eh già, a che punto siamo? Cosa festeggiamo? Abbiamo finalmente costruito l’Italia unita?
Non lo so, probabilmente no.
L’Italia è ancora in preda a logiche infantili. Abbiamo ancora paura dell’uomo nero. Scarichiamo le responsabilità sui diversi, tipico delle comunità che navigano in brutte acque, delle guerre tra poveri. In Italia c’è ancora (anzi forse sono in aumento) chi pensa che la seccessione sia la soluzione ai problemi del paese. Via il meridione, l’Italia diventa come la Svezia. Si pensa che sparando ai barconi in arrivo a Lampedusa, la criminalita’ italiana si ridurra’ e ci sara’ lavoro per tutti. Si pensa che e’ con la bandiera italiana ci si deva pulire il culo e che e’ meglio uscire a bersi un caffe’ quando c’e’ l’inno nazionale, ma si accettano ben volentieri i soldi del profumato stipendio che arriva da Roma. Si vogliono gli immigrati fuori dai maroni, ma poi si ha la badante romena e i dipendenti della propria fabbrica sono tutti marocchini sottopagati e sfruttati.
E’ proprio la diversita’ che rende l’Italia speciale. Proprio perche’ ogni 100 km ci trovi gente e tradizioni diverse che diciamo che l’Italia e’ splendida. Ma sulle diversita’ la classe politica degli ultimi anni sta costruendo le scuse sulle quali fare i propri interessi e togliere a poco a poco il futuro ai giovani e quindi al paese di domani.
“Abbiamo fatto l’Italia, ora bisogna fare gli italiani”. Centocinquant’anni e questa frase sembra ancora cosi’ attuale.