L’altro giorno sono andato a trovare la mia vecchia amica Lizzie. Era da tempo che non ci vedevamo e quando ha aperto la porta di Buckingham Palace ho confermato che le migliori amicizie sono quelle che resistono anche ai più lunghi silenzi. Appena mi ha visto, era come se non ci fossimo mai allontanati.
“Hey man, long time no see! Where have you been?”
Quale piacere rivedere la Regina, compagna di tante disavventure e di ricordi indimenticabili!
“I live in Italy, now.”
“Oh, do you?”
“Yes, but what happened to you?” le ho detto, indicando gli schizzi di cibo che decoravano uno dei suoi vestiti.
“Oh theese. Come in, I’ll show you.”
La mia amica mi ha fatto strada lungo i corridoi del Palazzo. Non era cambiato niente dall’ultima visita e anche il maggiordomo, quando mi ha visto, mi ha battuto il pugno proprio come ai vecchi tempi.
“How are you doing, man?”
“Cool. You.”
“She will tell you.” ha risposto, con una faccia che niente di buono lasciava trasparire.
Ho seguito la Regina all’interno di una camera che non avevo mai conosciuto prima.
“Look, the mess I’m dealing with.” ha detto la mia amica.
Solo allora ho visto a chi si riferiva. Sdraiato su un letto matrimoniale a baldacchino, c’era George Alexander Louis, il futuro re che il mio amico William ha voluto battezzare per un terzo in mio onore.
“Oh my God!” ho detto “He’s so cute. He’s so sweet. He’s incredib-”
“He’s a pain in the ass, this is what he is.” ha detto lei “Easy to have children, when you ain’t the one who has to clean their mess.”
Sapevo che William era impegnato in un viaggio istituzionale, visto che quel giorno stesso l’avevo invitato a farci un Bucket Meal al KFC di Marble Arch. Per questo ho chiesto:
“Where is Pippa’s sister?”
“Pippa’s sister? Do you think I know?”
“What about Charles and Camilla?”
“Do you think I know? The only thing I know is that if the poo I have to clean every day was gold, I’d be the Queen.”
“Erm…you are the Queen.”
“Of course I am, look at those.” e mi ha indicato un cestino stracolmo di pannolini sporchi. “Those, just in the last two hours.”
“Come on, he’s only six months.”
“No poo stinks like that, I’m telling you” ha detto lei “Let alone royal poo.”
“Ok Lizzie, relax.” le ho detto.
“Listen Gigi, I need to get out from here. I need to have some crazy fun, just like the good old times.”
Ricordavo bene quei tempi. Quando Elisabetta si travestì da hooligan per andare a tifare Arsenal, la sua squadra del cuore, e venne pestata a morte da un gruppo di tifosi del Chelsea. O quando insieme andammo a Glastonbury e ci ritrovammo a fare la lotta nel fango mentre Jay-Z rappava sul palco. Bei tempi. Sapevo che non ci sarebbe stato verso di dirle di no.
“What about George Alexander Louis?”
“He’s sleeping. So what?” e così dicendo mi ha trascinato fuori da quella camera.
Dieci minuti dopo eravamo in macchina, diretti a Piccadilly. Ho capito subito dove voleva andare.
“Let me guess. Trocadero?”
“You guessed it right. Let’s Trocadero this night!” ha detto lei, nel tormentone che aveva caratterizzato tanti sabato passati insieme.
Voi non lo sapete, ma alla Regina non dovete toccare tre cose: i cappellini, le corse dei cavalli e il Trocadero di Piccadilly. Quando entra e si lascia avvolgere da quell’ambiente futuristico, perde completamente la testa.
La nostra serata è andata tra partite ad hockey su tavolo, videogames sparatutto e partite a bowling. Alla fine, seduti in macchina al ritorno, ha detto:
“I just needed it. I feel so much better now, I feel like-what the fuck?”
Davanti a noi Buckingham Palace era circondato dalla polizia. Nel cielo un paio di elicotteri sorvolavano l’area, puntando due fari di luce sulla facciata principale. La mia amica è scesa subito e si è rivolta al primo bobby.
“What the hell are you doing here?”
“Our Majesty, you better stay away from here. A terroristic attack has just been made in your palace.”
“An attack?”
“A chemical attack. Your staff alerted us.”
In quel momento sono arrivati i primi uomini coperti da una tuta anti-contaminazione. Elisabetta si è girata, mi ha guardato e mi ha preso in disparte.
“Oh my God Gigi, I’m fucked now.”
“Don’t worry, you are safe here. Hey, but what about the kid?”
“Dumbass! Don’t you get it? The kid is the chemical weapon. I told you about his lethal poo.”
“Oh God.”
“What do we do now? They can’t know I left the kid alone. I am the Queen, I can’t leave kids alone.”
“I don’t know. Really.”
“Maybe I have an idea.” ha detto e sollevandosi nelle punte mi ha origliato il piano più geniale del mondo.
Il giorno dopo nessun giornale ha parlato della notizia. È stata la Regina a chiedere discrezione su quello che si è rivelato, alla fine, uno spiacevole incidente domestico.
Quella sera si è trattato solo di trattenere il respiro, entrare nel palazzo e recuperare il piccolo George Alexander Louis prima di tutti. Quando la polizia, con ovvio imbarazzo, si è avvicinata a Lizzie per spiegare di cosa realmente si trattava, lei ha tirato fuori l’unica persona della famiglia reale la cui reputazione è ormai segnata. Con fare dispiaciuto, scuotendo la testa, ha detto solo: “My husband…I’m very sorry.”
Povero Filippo, capro espiatorio di una vita.