Durante l’ultima puntata di Italian Job, Longe – un iscritto a questo sito che è venuto a trovarmi in trasmissione venerdì – mi ha raccontato della sua iniziale difficoltà nel stringere amicizie qui a Londra. E, proprio con questo obiettivo, si è iscritto alla nostra web community. Ammetto che mi ha sorpreso non poco e questo pensiero me lo sono portata dietro per tutto il weekend. Oggi, tra una chiacchiera e l’altra con un amico, Matteo, nella capitale inglese da anni, ho scoperto che questo è un problema che affligge molte persone. “Londra, dopo un po’, ti entra dentro e l’alienazione la fa da padrona – mi ha spiegato Matteo – Tutti assorti dalla propria quotidianità, dai propri pensieri, rinchiusi tra la musica del lettore mp3”. Pochi minuti dopo siamo arrivati a Waterloo e io e Matteo ci siamo salutati, andando ognuno per la propria strada. D’istinto mi sono infilata le cuffiette nelle orecchie e ho abbassato lo sguardo, camminando verso l’ingresso della metropolitana. Sono salita sulla metro e ho incrociato lo sguardo con un ragazzo che aveva in mano un libro, lo stesso che sto leggendo io in questi giorni. Istintivamente gli ho sorriso, ma poi ho spostato lo sguardo. Forse, in Italia, avrei attaccato bottone. Gli avrei chiesto cosa ne pensa, se ha letto altri libri dello stesso autore, se me ne consiglia qualcuno. Semplicemente per la mia inarrestabile curiosità, senza secondi fini, solo la voglia di far due chiacchiere. Invece qui, ho continuato ad ascoltare Nitin Sawhney e lui è sceso. Mi è dispiaciuto molto e non è la prima volta che mi capita. Qui a Londra si incontrano persone di ogni nazionalità, origine, razza, faccio fatica a tenere a bada la mia curiosità ma i miei anni nel Regno Unito mi hanno insegnato che non è consigliabile parlare con estranei, se non per chiedere “sorry”, spesso anche senza motivo. Un calcolo matematico particolarmente semplice mi fa concludere quanto dev’essere difficile conoscere gente qui. Mi rimbombano nelle orecchie le parole di Matteo e quelle di Longe. Forse anche per questo i tanti stranieri che approdano sull’isola si stringono tra connazionali. Scendendo dall’autobus spengo il lettore mp3 e cerco le chiavi di casa. Piove a dirotto e mi riparo sotto un tetto. Mi affianca una signora di mezza età, mi sorride, chiacchieriamo un po’. Tiro un sospiro di sollievo. Ogni tanto qualche chiacchiera si riesce ancora a fare anche con gli estranei. A questo punto, però, vorrei sapere cosa ne pensate voi, vorrei tanto che mi raccontaste la vostra esperienza. Mandatemi una email gabriella@lifefm.org.uk. Non isoliamoci!! Viviamo su un’isola, certo, ma siamo in tanti. E per una volta vorrei contraddire Tracy Chapman, che in una canzone si chiede “Why when there’s so many of us, are there people still alone” (Perché, se siamo in cosi tanti, c’è ancora gente che si sente sola).
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