Martedi mattina arrivo in Italia. Sono sei mesi che non torno e non me ne ero neanche resa conto.
Atterro a Pisa, poi prendo il pullman per Firenze. Quando il pullman attraversa il Ponte alla Vittoria, mi affaccio come consuetudine sulla destra per ammirare il Ponte Vecchio. Si intravede anche uno scorcio della Cupola del Brunelleschi ed ecco che mi emoziono, e pur essendoci nata, resto senza fiato.
Sento la prima lacrima in arrivo e come sempre mi contengo.
Ogni volta che vedo Firenze dopo tanto tempo mi viene da piangere. Non sono lacrime di gioia, sono lacrime di emozione e di commozione. La ammiro e mi emoziono.
Il pullman arriva alla stazione centrale. Non è cambiato niente, è uguale a sei mesi fa’, è uguale allo scorso anno, era così anche nel 2000.
La stazione di Santa Maria Novella è nel degrado più totale, lo è sempre stata, non ricordo di averla mai vista pulita.
Io devo assolutamente andare in bagno e come una turista chiedo informazione. Arrivata ai “servizi” mi accorgo che ci vogliono 70 centesimi, faccio il calcolo (ho lasciato l’Italia che c’erano ancora le lire), sono più o meno 45 pence. A Liverpool Street ce ne vogliono solo 20, meno della metà, e i bagni sono puliti, a S.M.N. sono inagibili.
Mia madre viene a prendermi, scena strappa lacrime come sempre, tutti ci guardano, sembra non mi veda da 10 anni, in realtà ci siamo viste a Londra due mesi prima, ma va bene così.
Sono appena arrivata e mi sembra di non essermene mai andata, non è cambiato niente.
Il pomeriggio, come di consuetudine quando arrivo a Firenze, vado a fare shopping in centro, da sola, voglio godermi la città.
Ci sono negozi nuovi, alcuni hanno cambiato solo il nome, altri hanno cambiato gestione, altri ancora hanno chiuso del tutto.
Forse la città non è proprio la stessa.
C’è una cosa che però non cambierà mai: la commessa fiorentina.
Quella delle commesse è una categoria a sé, ed è una categoria allucinante. Sono individui lamentosi, con un’aria sempre a giramento, con le stesse ‘miserable faces’ tutti i giorni. Ti fanno passare la voglia di spendere soldi.
Entro in profumeria, nessuno mi saluta. Devo comprare un fard, la commessa è al telefono. Mentre aspetto mi guardo intorno. Dopo 10 minuti è ancora al telefono, guardo l’orologio, poi guardo lei, che imperterrita continua la conversazione telefonica fingendo di non avermi visto. Aspetto altri 5 minuti, poi decido di andarmene. Sono già sulla porta quando finalmente si accorge di me e dice: “Mi scusi, aveva bisogno…?”
Me ne vado senza neanche lasciarla finire di parlare.
Poi i fiorentini si lamentano che il lavoro non va…
Entro in un altro negozio, un negozio di vestiti. Due commesse stanno chiacchierando tra loro, parlano di palestre e di teatro. Argomento comune qua.
Tutti i fiorentini vanno in palestra o fanno teatro. Ci sono più attori a Firenze che spettatori in Toscana.
Vedo dei pantaloni carini, ma non trovo la taglia. Chiedo a una delle due. “Tutte le taglie sono esposte, seuncìèllìvoldìcheglièfinitoeuncel’abbiamo”.
Me ne vado.
In una profumeria di londra mi avrebbero fatta uscire dal negozio truccata da una truccatrice professionista, anche comprando solo un fard. In un negozio di vestiti sarebbero andate a guardare in magazzino o avrebbero chiesto a un altro negozio dello stesso gruppo.
A Firenze ti ignorano, poi si lamentano perché non lavorano.
Non hanno idea di cosa sia il Customer Service, le Good Manners, le Marketing Resolutions o l’esistenza di Upselling Tecniques.
Ah Firenze! Tanto bella, ma con così poco spirito di iniziativa, così chiusa nel suo piccolo mondo perfetto.
E’ il problema di questa bellissima città, continua ad agevolarsi a distanza di secoli sulla sua stessa storia e più in particolare su un periodo storico geniale, il Rinascimento, senza rendersi conto di cadere a poco a poco in un degrado così particolare che diventa quasi grottesco.
Peccato, sarebbe bello che l’emozione iniziale nel vederla durasse più di 5 minuti…
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