Camden Hight street, dietro l’angolo, all’uscita dalla stazione metropolitana di Morning Crescent, c’è il Koko club. Le porte si apriranno qualche minuto dopo le 19:00. Nell’attesa, fuori dal locale, si è spento il sole, perché coperto dalle nuvole, e gocce di pioggia cominciano a cadere giù miste a gocce di sole. Nel cielo di Londra, grigio undici mesi e 3 settimane all’anno, un arcobaleno forma un arco in un baleno. Si prevede una serata variopinta, come le luci da palco del concerto che sta per cominciare.
Finalmente, dopo una non lunga attesa, si aprono le porte. In un club ancora vuoto si aggira lui, Vinicio, che va via con passo lento come se non fosse lui a dover poetare musica e parole sul palco del Koko.
Tutto è molto familiare. Una rimpatriata di italiani in Inghilterra che probabilmente mai si sarebbero riversati e mescolati in un unico luogo tutti insieme se non fosse stato per una passione viscerale, come il ballo di San Vito, che li unisce: la musica, per l’occasione Ρεμπέτικα (rebetika), di Vinicio Capossela.
Il palco si accende. I musicisti prendono posizione ciascuno con il proprio strumento musicale. Tre sono strumenti classici, non nel senso musicale del termine, ma puramente riferito alla provenienza culturale del buzuki: la Grecia.
Niente parole. Spazio subito alla musica, regina della serata. Si comincia con Pumpkin and honey bunny che sembrerebbe una cover di Dick Dale and his Deltones. In realtà il brano si intitola Misirlou ed è un’antichissima canzone popolare greca di cui non si conosce neppure l’autore.
‘Good evening, buonasera a tutti, Kalispéra e kalisto poly, welcome to the teatro bar – sono state le prime parole del cantautore ai suoi fan, che con l’album Rebetiko Gymnastas, uscito il 12 luglio del 2012, è giunto tra i finalisti nella sezione “Album dell’anno” al premio Tenco 2012 – We are here to make some gymnastika. Gymno in ancient greek means naked, nudo. E noi siamo qui per fare canzoni che mettono a nudo… Rebetika rokka rolla. Éna, Dýo, tría, Éna, Dýo, tría’.
Così, contando ‘uno, due, tre’ in lingua greca e accennando semplici passi da ginnasta con le braccia e con le gambe, tra l’euforia dei suoi appassionati “stranieri” riprende il concerto.
Come una nave condotta da un prode, animoso capitano in una sera di primavera, con il mare piatto e fermo, quello giusto per potersi concedere ai passeggeri, si vaga fra i porti degli album storici di Capossela: Canzoni a manovella, Il ballo di San Vito, Camera a sud, in cui risiedono le poetiche parole di canzoni come Morna, Scivola vai via, Non è l’amore che va via e tante altre meticolosamente riarrangiate in chiave rebetika.
A fine concerto alcuni fortunati hanno anche avuto l’onore di incontrarlo nel dietro le quinte. Tra questi una ragazza ha chiesto: ‘L’idea di riarrangiare i tuoi vecchi brani in musica rebetika ti è venuta per supportare la Grecia in questo periodo di crisi che la sta attraversando? ‘. ‘La Grecia è la madre delle civiltà – ha risposto Capossela – . Era un progetto che avevo in mente da anni, dal 2007 ed eccoci qua. Ragazzi, cosa vi posso offrire? Magari una birra?’.
Il resto non ve lo posso raccontare. Le emozioni si possono soltanto vivere, per quanto io possa tentare di descriverle.
di Ivan Guardino