La storia dell’emigrazione italiana è racchiusa per la maggior parte nel settore della ristorazione, comparto che non solo ha rappresentato un’incredibile fonte di lavoro, ma ne ha influenzato la direzione economica e sociale, costituendo un elemento di impulso attraverso cui la comunità italiana ha abbandonato piano piano le condizioni di miseria della Little Italy, per spostarsi a riempire le strade di Londra, Soho in primis, caratterizzata dalla nascita una costellazione di numerosi locali e di negozi.
L’attività della ristorazione e di tutto il suo indotto si afferma con l’inizio del Novecento. Secondo il Censimento Inglese del 1911 infatti, circa la metà dei 20.771 italiani residenti in Uk, erano impiegati nel comparto della vendita al dettaglio di generi alimentari italiani e in quello della ristorazione, ambiti entrambi gestiti con una politica di conduzione strettamente familiare.
In quest’epoca tuttavia, ad essere italiani, erano più i nomi dei proprietari dei ristoranti che la cucina vera è propria. Essa infatti proponeva per lo più menu francesi, soprattutto nei locali più sontuosi; la cucina italiana perciò, non aveva ancora conquistato i palati degli inglesi. Le cose cominciano a cambiare tra le due guerre, anche se l’offerta di piatti italiani in senso stretto prende piede a piccoli passi solo verso la fine degli anni Quaranta. A partire da questo periodo e per molto tempo però, il vero simbolo dell’“italianità” rimane il bar, che si impone nel panorama del gusto britannico per tutti gli anni Cinquanta, grazie anche alla fine del razionamento del caffè, datata 1952. Nel 1960 nella sola Londra si contano 500 coffee bar italiani, caratterizzati dai banconi in formica e dalle macchine del caffè in acciaio Gaggia. Questi locali, il cui indotto non si ferma alla produzione e distribuzione di macchine, ma include anche il businnes della torrefazione, diventano un punto di ritrovo, di scambio di informazioni ed idee, un luogo di socializzazione pieno di design e stile. Nascono soprattutto a Soho, dove famiglie di italiani “colonizzano” spesso un’intera strada, e il loro declino si registra dagli anni Ottanta in poi, quando gradualmente vengono costretti ad abbassare le loro serrande per cedere il passo all’arrivo in massa di numerosi ristoranti asiatici.
Il boom della cucina italiana a Londra scoppia invece negli anni Sessanta, periodo che vede il diffondersi delle trattorie, sorte numerosissime prima a Soho e nel West End e poi in tutta la capitale. Spesso i proprietari sono ex camerieri, che messo da parte un piccolo gruzzolo, tentano l’avventura, riuscendoci non poche volte. Lo stile di conduzione è ancora una volta quello essenzialmente familiare. Finalmente vengono serviti piatti veramente italiani che costituiscono per gli inglesi una vera scoperta. Il successo dei ristoranti viene anche facilitato dalla scarsa cultura culinaria britannica e dal fatto che mangiare fuori diventa non più un lusso ma un qualche cosa che bene o male è alla portata di tutti. In quest’onda positiva delle trattorie si mescolano però qualità e improvvisazione, quest’ultima causa involontaria del ritorno in auge della cucina francese, che con la sua raffinatezza si contrappone allo stile semplice e casareccio dei locali italiani.
Tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta quindi è la nouvelle couisine a farla da padrona. Ma non sono pochi i ristoranti italiani che reagiscono a questa situazione e, fondendo insieme tanto lavoro, qualità, e marketing, negli anni Novanta, quando a Londra tutto ciò che è italiano è in automatico molto cool, si impongono sui locali francesi, relegati a una clientela di nicchia. Un uteriore impulso al successo dei ristoranti italiani viene dato anche dalla recessione che ha caratterizzato quel periodo, in cui si privilegiavano i prezzi contenuti, a danno dei costosi menu francesi.
Infine, l’italianizzazione del gusto ha raggiunto il suo apice da una decina d’anni a questa parte, e gli standard qualitativi dei ristoranti italiani hanno coinciso con l’ultimo periodo d’oro per la finanza, cioè quello verificatosi nella prima metà degli anni Duemila. Un’ulteriore riprova che il settore della ristorazione è strettamente legato con l’economia della capitale britannica.
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