Io, una cosa così, non l’ho mai vista. Mai. Piccadilly, Trafalgar Square, Soho, tutto un fiume di gente. Di italiani. Di bandiere, di fischietti, di sciarpe tricolori. Che partita, ragazzi. Grazie, grazie Azzurri, per le emozioni in campo, per averci resi cosi orgogliosi di essere italiani ancora una volta, alla faccia degli scandali e della corruzione, ci avete dimostrato quello che questo gioco sa fare, ovvero renderci tutti Fratelli d’Italia, regalarci emozioni che solo il calcio ci sa dare. Il calcio onesto, pulito, il gioco vero. Alla faccia delle testate di Zidane. Alla faccia di Moggi, di chi vuole solo lucrare su questo business, dimenticando la vera essenza di questo divertimento. Perché questo deve essere; spettacolo, si, fino a un certo punto, ma soprattutto divertimento. A Piccadilly non mi sarei mai immaginata un fiume di gente cosi. Mi sono arrampicata su un palo e vedevo bandiere a perdita d’occhio, non vedevo la fine della coda umana. Autobus bloccati, tassisti impazziti di gioia insieme a noi, poliziotti più tolleranti del solito. Uno mi ha detto “Non pensavo ci fossero così tanti italiani a Londra”. Per la verità nemmeno io, eravamo tutti li, in quel triangolo nel cuore pulsante di Londra, perché questo “richiamo alle armi” andava ascoltato e festeggiato. Ripenso alla partita, alle simpatiche signorine col tricolore dipinto in faccia, a quelle che urlavano con tanta foga e poco importa se nemmeno sanno la formazione della nostra squadra, questa febbre ha contagiato anche chi col calcio, normalmente ha poco da spartire. Dopo diversi minuti dall’inizio della partita c’è chi mi ha persino chiesto: “ma noi da che parte segnamo?!”. Massì, mica uno deve essere un esperto del pallone! Quindi viva le signorine che non capiscono niente di calcio e ci hanno comunque messo dentro il cuore, ieri sera. Io, che il calcio lo seguo da bambina, che ce l’ho nelle vene e ho pure giocato per tanti anni, non mi emozionavo cosi da una vita. (Ok, la verità? Dall’undici giugno, in realtà, ma il Toro è un’altra cosa…). Confesso. All’inizio dei mondiali, non me ne importava proprio niente. In fondo, il Torino, proprio il giorno prima della primissima partita dell’Italia, si era aggiudicato la seria A, ragazzi. Scherziamo? Così ho guardato la partita con un bel gruppetto di giornalisti a Milano ma io ero già senza voce dalla sera prima e mentre inquadravano la maglietta di Toni, io sopra ci leggevo Toro… Sono un po’ fissata? Macchè. (solo un filino….!) Ho riso e l’ho trovato esagerato quando ho visto il titolo de La Stampa “Cairo Faraone”. Un amico inglese tempo fa mi aveva fatto notare una cosa, “quando voi italiani non la volete buttare sul personale, parlate del calcio, come noi delle variazioni climatiche”. Sarà così? Mah. Fatto sta che oggi mi manca il bar sotto casa, i simpatici nonnini che discutono di calcio con la Rosea tra le mani. Passeggio per Oxford Street e fuori dalla metro di Bond Street, alle undici del mattino, trovo ancora un gruppo di ragazzine che cantano l’inno sventolando le bandiere. Sorrido, non riesco a smettere di sorridere. Grazie Azzurri, ancora una volta, mi avete tolto la voce ma mi avete dato una gioia incontenibile. E io, mai come oggi, sono fiera di essere italiana.
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