Qualche settimana fa hanno annunciato che la Gran Bretagna è entrata ufficialmente in recessione. L’annuncio, sui giornali, è suonato come una condanna a morte.
Lo sappiamo, supereremo questa crisi, come quelle precedenti. Il termine crisi porta intrinsecamente il significato di qualcosa di transitorio. Anche se, il fatto che sia una cosa passeggera, non vuol dire che non lasci vittime sul campo. La speranza che la crisi serva di lezione però per il futuro è però, a mio avviso, molto scarsa. Quello su cui questa crisi dovrebbe far riflettere, è se il nostro modello di civiltà e economia occidentale sia da rivedere. Ma non succederà.
La “creativa” attività delle banche e delle persone che hanno giocato con i soldi veri come se fossero quelli del Monopoli, non pagheranno questa crisi. Anzi, c’è chi dopo aver partecipato al banchetto di nozze sbafandosi anche le briciole sotto il tavolo, ora riesce a farsi ancora più soldi sfruttando i meccanismi perversi di questa crisi.
Chi pagherà, sarà la gente comune, in maniera diretta o indiretta. Chi ha un tenore di vita esagerato, difficilmente si accorgerà della crisi nell’economia reale. Se guadagni un milione di sterline all’anno, ti fregherà poco se il prezzo del pane e raddoppiato.
Si sa, non si potevano lasciare le banche morire, sarebbe stato il collasso dell’economia. Ci sarebbe stata un sacco di gente, troppa, mandata a casa senza lavoro. Era inevitabile. Ma, ciononostante, mi chiedo se sia giusto che le nefandezze di pochi debbano essere pagate dalla comunità. Vale per tutte le piccole compagnie: se la compagnia sbaglia, paga. Per le banche invece non vale. Sbagliano e poi pagano i contribuenti, cioè noi. Statalizzare, ovvero usare i nostri soldi, è equivalente a finanziare la criminalità organizzata. Se un ladro ruba una mela, lo stato lo mette dentro. Nel caso delle banche, è come se al ladro lo stato avesse regalato un grosso cestino di mele.